Diego Polani: Psicologo ePsicoterapeuta, lavora con la Nazionale Italiana di Nuoto in Acque Libere e con la Nazionale Italiana di Nuoto Sincronizzato. È docente di Psicologia dello Sport presso la Facoltà di Medicina e Chirurgia di Firenze nei Corsi di Laurea in Scienze Motorie e in Scienze e Tecnica dello Sport (Specialistica). Presidente Nazionale della Società Professionale Operatori in Psicologia dello sport e delle Attività Motorie, dirigente della Società Italiana Psicologi Area Professionale ed ex Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Regione Lazio. Past President dell’Associazione Italiana Psicologia dello Sport
… Nonché mio istigatore numero uno e fautore di questa iniziativa, prezioso alleato e grande maestro, prodigo di consigli e sempre pronto o sostenerti, la cosa bella è che non si ferma davanti a niente e non si fa scoraggiare da niente … insomma, nonostante le difficoltà patite nel corso degli anni di attività è rimasta la passione pura e cristallina e l’entusiasmo di chi si avvicina all’inizio a questa professione o se preferite …
Lo confesso: mi sono riguardata la finale degli anelli delle Olimpiadi di Atene 2004… Yuri Chechi cade in ginocchio
dopo che lo speaker annuncia che ha vinto la medaglia di bronzo … secondo me una delle pagine più belle della nostra storia sportiva… vera, sincera, emozionante, mi fa sentire parte di qualcosa, trasmette tutta l’incredulità di un campione, tornato a gareggiare dopo il ritiro, dopo due infortuni gravissimi, per mantenere una promessa … quella notte, il “signore degli anelli” è tornato … e davvero ho pensato che ogni sogno è possibile se ci credi …
Se penso al Diego Polani, conosciuto in questi anni caldi che hanno visto nascere la SPOPSAM non potrei trovare una frase migliore per descriverlo… non mi ha dato una reinterpretazione in chiave personale, ma per chi come me lo conosce e ha
avuto la fortuna di lavorare con lui non c’è bisogno di ulteriori parole: Diego è così.
Quindi senza ulteriori indugi direi:
Presidente SPOPSAM … parlami di quest’avventura
La SPOPSAM è nata da un’idea mia, di Fabrizio Paris, di Stefano Tamorri e del compianto amico e maestro Carlo Moiso. In prossimità del congresso AIPS di Senigallia al fine di dare continuità ad una vecchia idea di Ferruccio Antonelli e su richiesta dell’organizzatore del congresso Gianfranco Gramaccioni si pensò di dividere in due strutture distinte la parte scientifica
culturale da quella professionale. I tempi e le disposizioni amministrative e giuridiche europee ed italiane ci permettevano questa suddivisione senza perdere l’anzianità associativa. Dopo di ché l’avvio alle pratiche europee legate al decreto 36/2005 (riforma delle professioni che in Italia diventa operativa grazie al decreto attuativo che il 26 febbraio 2008 è stato varato dal ministero della giustizia, di concerto con quello delle politiche comunitarie, del relativo decreto legislativo “qualifiche” – d. Leg.206/2007 -,quest’ultimo appunto approvato dal consiglio dei ministri il 23 ottobre 2007).
Insomma si è cercato, e si sta lavorando ancora duramente, di dare un futuro di visibilità e reale professionalità alla nostra professione. Personalmente ho subito anni di ingiustizie per aver voluto fare della psicologia dello sport la mia primaria professione e non vorrei che i futuri giovani colleghi debbano ancora subire prepotenze e abusi.
Psicologo dello sport e padre di due bimbe, tu che stai da entrambe le parti, cosa significa stare a bordo vasca per un genitore, da papà e da psicologo dello sport?
Domanda difficilissima! Essere diventato papà mi ha fatto capire come molte teorie sull’educazione e sulla crescita dei bambini, teorie che si insegnano spesso ai corsi dei futuri tecnici sportivi, hanno bisogno di essere valutate e capite con quell’esperienza che solo un genitore può avere. E questo in parte mi ha fatto cambiare modo di insegnare agli studenti proprio per evitare quei danni che potrebbero portare dei piccoli traumi psicologici nei bambini. E poi mi permette di lavorare meglio come consulente per le società sportive che vogliono instaurare un dialogo costruttivo con i genitori e che organizzano riunioni ad hoc.
Lavori con la nazionale di nuoto in acque libere e con la nazionale di nuoto sincronizzato, come reagiscono atleti e atlete alle pressioni di una nazionale?
Ogni atleta reagisce a modo suo e va capito. L’importante è aiutare gli allenatori a capire che pur nell’eccellenza gli atleti sono esseri umani che non devono essere spremuti per motivazioni egoistiche e personali. Proprio per questo ritengo che i “motivatori” o i “mental coach” siano figure pericolose ed eticamente scorrette, almeno la maggior parte in Italia. Lo stress di un atleta di alto livello non è descrivibile se non lo si vive in prima persona e basta poco per rischiare di distruggere il sogno di una vita, penso a Giorgia la nostra atleta che a Shanghai nella 10 km di nuoto in acque libere ha visto sfumare il sogno olimpico per un calcio ricevuto nello stomaco da un’altra atleta facendola crollare con una crisi che è stata accomunata ad un attacco di panico.
Quanto influisce la giovane età di un atleta rispetto alle pressioni di uno sport come il nuoto?
Se l’atleta viene abbandonato alle voglie di protagonismo dei più grandi le pressioni diventano insopportabili, anche se non consce tante volte. Il problema diventa il dopo, l’abbandono ed il ritornare tra la gente normale e allora si vedono e si scoprono tutte le conseguenze di una giovinezza bruciata sotto i riflettori. Gli atleti giovani che seguo, da me sentono sempre parole che li incitano a divertirsi come fanno i loro pari, certo con un obiettivo a lungo termine un po’ diverso da quello di tanti giovani.
Quanto è importante la figura dello psicologo dello sport e quali dovrebbero essere le credenziali giuste?
Dopo tanti anni di politica ordinistica e nove anni di consigliatura presso l’ordinedegli psicologi del Lazio, oggi penso che la sola presenza di un ordine professionale non serve a nulla. Il grande Carlo Moiso che non si è mai voluto piegare ai giochi di bassa politica delle scuole di formazione, perdendo di fatto moltissimo lavoro formativo in Italia, diceva che il professionista non è quello che ha i titoli ma quello che ha le competenze. Oggi purtroppo abbiamo poche competenze professionali anche in chi ha i titoli, per non parlare degli altri; si pensa che lo sport possa far diventare ricchi e chiunque oggi, in piena crisi economica e lavorativa, si inventa psicologo dello sport o mental coach. Questo è pericoloso ma va combattuto con la professionalità di chi ha le competenze e con l’unione. Per questo come SPOPSAM chiediamo determinati requisiti e pretendiamo una formazione controllata, così come abbiamo decisoper essere visibili in Europa di avere un registro B formato da non laureati in psicologia o medicina, ma da laureati in altre materie che tramite una formazione adeguata e un’esperienza di campo hanno le competenze necessarie per poter fare alcune attività, non tutte, nell’ambito della psicologia sportiva.
Luglio 2010 Roverbal, Canada, inno di Mameli: la Nazionale di Nuoto in Acque Libere ha vinto i Mondiali, cosa si prova in quei momenti?
Una felicità immensa per gli atleti che hanno vinto, ed è solo loro la vittoria, e un po’ per noi stessi che, avendo fatto con loro un progetto professionale rischiando noi e loro, vediamo raggiunto l’obiettivo.
Quali sono i prossimi impegni?
Con le due nazionali lavorare in funzione di Londra 2012. A livello personale cercare di lavorare sempre di più con la base e i giovani cercando di fare qualcosa di utile per le future generazioni.
Grazie della chiacchierata Diego a presto!
Grazie a te non solo per l’idea che hai avuto sulle interviste, ma per la tua passione e voglia di fare.